Viaggio a Creta. Seconda puntata

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Salve a tutti e benvenuti alla seconda delle puntate dedicate a Creta.

Oggi la nostra meta sarà Chanià. Non la visitai nel corso del mio primo viaggio nell’isola, con Gianluca e Francesca, esclusivamente volto ad una ricognizione delle vestigia archeologiche di età minoica e classica, alla vigilia della prima annualità dell’esame di Archeologia e Storia dell’Arte greco-romana.

Con Mac, invece, ci siamo andati una sera, poco prima del tramonto, per una passeggiata esplorativa e una cena.

Quando, in questi giorni, ho ripreso tra le mani la vecchia guida di Creta, datata 1985, e ho scorso le foto del porto veneziano di Chanià, con il faro e tre barchette di pescatori, mi sono sentita mordere dalla nostalgia per tutto quello che non c’è più, che ci siamo irrimediabilmente persi.

Quella sera la luce si spandeva dolce sul cielo e il mare e non c’era neanche un varco per fermarsi e pensare, perché tutto il mondo era lì e si stipava tra il porto e la teoria di punti di ristorazione e vendita di qualsiasi cosa, che si susseguivano senza soluzione di continuità.

Chanià, altrimenti detta dai Veneziani La Canea, è l’antica Cidonia minoica, dalla storia complessa e interessante, in cui si incrociano le rotte dei Romani, dei Bizantini, dei Veneziani, dei Genovesi, dei Turchi Ottomani, fino ai feroci bombardamenti nazisti, durante la seconda guerra mondiale.

Chanià è una vera celebrità e ogni turista che capiti anche solo in un rapido passaggio a Creta, le dedicherà senz’altro una tappa. E’ per questo che non mi soffermerò in questa puntata sulla descrizione delle architetture veneziane e ottomane di cui la città è ricca e di cui, peraltro, pullulano le pagine delle guide e dei siti internet, ma, tenendo fede alle mie origini di appassionata archeologa, preferisco soffermarmi sulla sua storia antica, forse meno nota ai più.

Cidonia in epoca minoica era un’importantissima città stato, fondata da Minosse, secondo un’antica tradizione, riportata da Diodoro Siculo, o, secondo un’altra, da Cidone, generato da Hermes o  Apollo, e da Acacallis,  figlia di Minosse. Kastelli, che domina la darsena occidentale del porto, era il nucleo più antico della città, riconducibile, appunto, all’epoca minoica.

Gli scavi archeologici hanno portato alla luce resti risalenti al Neolitico Finale, intorno al 3000 a.C., e ai vari periodi della civiltà minoica, che dimostrano continuità abitativa del sito che si presentava come una città estesa, caratterizzata da un’urbanistica pianificata, con case costruite a isolati e divise da strade strette.

Cidonia era benedetta da un territorio fertilissimo e famosa nell’antichità per i suoi vigneti e frutteti – pensate che malus cydonia era il nome antico del melo cotogno – e per gli archi che si fabbricavano.

Ma la sua posizione, senza dubbio eccellente per le rotte commerciali, la rendeva particolarmente esposta alle invasioni e anche Cidonia, come del resto tutte le altre città cretesi che avevano raggiunto una grande prosperità, declinò nel 1200 a. C.

Erodoto, nel terzo libro delle sue Storie, racconta che i Sami che si ribellarono al tiranno Policrate si stanziarono a Cidonia nel 524 a.C., dopo averne cacciato gli Zacinti, per essere a loro volta allontanati, dopo cinque anni, da un contingente formato niente meno che da soldati provenienti dall’intera Creta.

I Cidoni resistettero agli Ateniesi, ai Focesi; furono protagonisti di atti eroici nella guerra contro i Romani. Del resto i soldati cretesi avevano fama di essere coraggiosi e scaltri e, soprattutto, degli incomparabili arcieri e frombolieri. Per queste ragioni furono molto ricercati presso tutti gli eserciti in epoca classica. I militi cretesi, in altre parole, prestarono il loro valore come mercenari, anche presso le legioni romane.

La loro cooperazione con i corsari che infestavano il Mediterraneo orientale, ai quali offrivano i porti dell’isola, e le relazioni con Mitridate, re del Ponto e acerrimo nemico di Roma, guastarono irrimediabilmente i rapporti con la città che, fino a quel momento, si era limitata a fare da arbitro a proposito dei numerosi dissidi che sempre sorgevano tra i principali centri cretesi.

Dopo essere stati respinti, nel 69 d. C. il console Metello Quinto Decio sbarcò con tre legioni proprio vicino alla nostra antica Cidonia e, a seguito di tre estenuanti anni di combattimenti, riuscì ad occupare l’isola, impresa che gli valse il soprannome di Cretico.

Sotto la dominazione romana a Cnosso venne preferita Gortina che aveva opposto minore resistenza ai conquistatori e che per questo diventò capoluogo della provincia appena acquisita.

In epoca classica, dunque, Cidonia era la terza città per importanza, dopo Cnosso e Gortina, come risulta dalla testimonianza dello storico greco Strabone, nell’ottavo dei 17 libri della sua monumentale opera Gheograficà, la Geografia.

Per ritornare alla nostra visita di due anni fa, nel tentativo di dribblare le fiumane di turisti che si assiepano sulla mezzaluna della darsena occidentale, tagliamo perpendicolarmente il porto e ci incamminiamo per le stradine della città vecchia, dove ceniamo, alla Taverna Strata, con un filetto di maiale ripieno di pomodori secchi e horta, vale a dire verdura di campo, con patate, rucola e pomodorini, un agnello kleftikò e la consueta insalata di pomodori.

Fa caldo e la gente per le strade è davvero tanta. Faccio fatica a prendere una foto, al limite massimo, sul ciglio della banchina, a rischio di un tuffo nella darsena occidentale.

Una foto in cui trovi spazio la scena della darsena e il faro, all’ingresso del porto, costruzione moderna sulle fondazioni di quello veneziano. Ma il fronte di case colorate, in mezzo al chiacchiericcio, alla musica che esce dai locali e si mescola tra le gambe dei turisti, i profumi delle cucine dei ristorantini, mentre cala la notte e tutto si illumina, mi induce comunque a fermarmi, a tentare qualche inquadratura, anche in un ardito quadrangolare che non riuscirà mai a riprodurre la vivacità di questa sera d’estate.

Ci spingiamo sul bacino orientale, di fronte agli arsenali veneziani. Ci stanchiamo della calca, preferiamo ripercorrere a ritroso il lungomare che ci condurrà sul selciato caldo sino alla nostra auto, parcheggiata in salita.

Ce ne andiamo, lasciamo La Canea, anche se per parecchi chilometri, sulla strada per Kissamos, sembrerebbe che non si interrompa mai, nelle località che si susseguono tutte identiche nel loro smerciare souvenir a buon mercato e cibo da asporto.

Anche oggi la nostra puntata è terminata. Vi do appuntamento alla prossima, tra quindici giorni!

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Andrea G.
1 anno fa

Una conferma. Una garanzia. Mi sembrava di essere là… <3