Viaggio a Creta. Quinta puntata

Cnosso

I nostri appuntamenti dedicati all’isola di Creta sono giunti al termine.

Come vi ho anticipato nella puntata precedente, oggi vi parlerò del palazzo di Cnosso, uno dei siti archeologici più conosciuti, visitati e discussi del mondo, in cui storia, mito, archeologia si fondono in un racconto complesso e affascinante.

Se dico Cnosso, infatti, automaticamente penso alle colonne rosse, rastremate verso il basso, che alleggeriscono le strutture, al Principe dei Gigli, con il suo vitino di vespa, ai delfini che nuotano sulle pareti del Megaron della Regina, all’acrobata sul toro, ai motivi decorativi e floreali stilizzati che si rincorrono sugli stipiti degli ingressi, ai grifi araldici che affiancano il trono, ai differenti livelli di costruzione, alla vegetazione rigogliosa che assurge al ruolo di comprimario nel progetto costruttivo.

Turchese, verde, rosso, giallo, su un disegno architettonico mosso e vivacissimo. E poi Arthur Evans, i suoi scavi all’alba del 1900, il cemento armato usato a profusione per i restauri, talvolta arbitrari e eccessivi, Minosse, il labirinto.

E in effetti l’articolata architettura che addensa i numerosi vani ai lati del cortile centrale, la loro distribuzione intorno a pozzi di luce e l’intricato sistema dei corridoi potrebbe aver originato la leggenda del labirinto di Cnosso e dare l’impressione di un impianto architettonico confuso, ipotesi da confutare recisamente, come ho già accennato nella scorsa puntata, in quanto la disposizione dei vari quartieri all’interno dei palazzi minoici è assolutamente funzionale.

La storia degli scavi di Cnosso ha un che di rocambolesco e romantico. La prima notizia di un ritrovamento risale all’indomani di un terremoto, nel I sec. d. C. Nel 66, infatti, venne alla luce una cassetta di metallo che conteneva tavolette scritte in una lingua sconosciuta.

Passarono i secoli e durante i lavori agricoli agli abitanti della regione capitava di rinvenire oggetti antichi. La notizia giunse alle orecchie di un commerciante di Heraklion, Minos Kalokairinos, che scavando nell’area del palazzo scoprì due dei suoi magazzini. Schlieman tentò di acquistare la collina di Kefala, sulla quale si estendeva l’abitato più antico, ma i Turchi, padroni del terreno, avanzarono pretese talmente eccessive da dissuaderlo.

Ci riuscì, invece, Arthur Evans, dopo che l’isola ottenne l’indipendenza.

La costruzione del primo palazzo di Cnosso risale all’inizio del Medio Minoico I (circa 2000 a. C.) ma non disponiamo di una stratigrafia chiara, relativa a questo periodo, e rimangono ancora insoluti i dubbi circa la cronologia effettiva dei resti attribuiti a questa età, intendo il piazzale occidentale, alcune porzioni di fondazioni e muri e un corridoio nell’area dei magazzini, il cosiddetto “ipogeo”.

Nel XX sec. a. C. venne innalzata l’attuale facciata a levante, ad est di quella più antica, e si pensa che il muro che recingeva il piazzale occidentale sia il resto di una fortificazione. Purtroppo a Cnosso i frequenti terremoti che hanno comportato numerosi  restauri e ricostruzioni, nonché il desiderio di migliorare l’aspetto delle rovine, hanno di fatto causato la scomparsa della maggior parte dei resti più antichi.

Pensate, le prime ricostruzioni ebbero luogo all’inizio e alla fine del Medio Minoico III, nella prima metà del XVIII e all’inizio del XVI sec. a. C. Soprattutto la seconda conferì al palazzo l’aspetto che conservò grosso modo sino alla sua distruzione finale, avvenuta poco prima del 1400 a. C.

L’edificio del Medio Minoico III copre un’area vastissima, che ha la forma di un quadrangolo irregolare, orientato quasi perfettamente in direzione nord-sud e costruito intorno ad un grande cortile centrale.

Purtroppo gli interventi moderni di restauro, talvolta decisamente eccessivi, impediscono di analizzare obiettivamente i resti monumentali del palazzo.

La facciata principale, a ovest, così come le altre, non formava una linea diritta: aveva sporgenze e rientranze caratteristiche dell’architettura minoica, che conferivano movimento e che erano dettate dalla diversa profondità dei vani, e se la ricostruzione proposta dall’Evans è esatta, quella meridionale era imponente e monumentale, anche se le case private, troppo vicine al palazzo, ne diminuivano molto l’effetto scenografico.

Gli ingressi principali del complesso, dunque, erano collocati a nord, attraverso un corridoio con loggiati, e a sud, con una maestosa scalinata colonnata.

La strada minoica che conduceva all’ingresso settentrionale attraversava un complesso sistema di scalinate, che l’Evans definì come un’area destinata a rappresentazioni teatrali.

Di molte parti del palazzo non si riesce a comprendere la destinazione, né è certo che quanto è segnato sulla sua planimetria fosse in uso fino alla sua distruzione.

L’ala occidentale era riservata ai magazzini, distribuiti lungo un corridoio con andamento nord-sud; un secondo gruppo di depositi, officine e botteghe occupava il quartiere nord-est ma non si può stabilire con certezza se fosse direttamente collegato al palazzo.

La sala del trono, che si trova all’angolo nord-ovest del Cortile Centrale, venne ricostruita, restaurata e decorata nel Tardo Minoico II, nella seconda metà del XV sec..

A sud ovest del cortile centrale sono stati ricostruiti un propileo monumentale e una grande scala di accesso al primo piano, ma l’esattezza della ricostruzione è stata messa in dubbio.

A est del Cortile Centrale, una scala scende negli alloggi privati e conduce ad un’ampia ed elegante  sala con tre portici e relativi pozzi di luce, un ambiente più piccolo, il Megaron della Regina, e altri vani annessi, fra cui bagno e latrina.

La presenza di scale, le basi di colonna e gli stipiti caduti dall’alto, proverebbero l’esistenza di un piano superiore su tutta l’area del palazzo, ma la ricostruzione di Evans è dubbia.

Dopo la grande distruzione alla fine del sec. XV a. C., il palazzo rimase disabitato. In seguito le rovine furono in parte riadattate e abitate nuovamente, e nell’XI sec. a. C. venne eretto l’unico edificio di Cnosso sicuramente adibito al culto: il Santuario delle Doppie Asce.

Alla fine del Tardo Minoico III l’area del palazzo fu abbandonata.

Come ho avuto modo di raccontarvi, gli interventi di Evans sono stati molto criticati, in massima parte perché la sua è stata una ricostruzione arbitraria, affidata più all’estro romantico, tipico dello scopritore di tesori, che su un’attenta analisi stratigrafica, unico mezzo per poter condurre uno scavo scientificamente corretto, in grado di restituire una visione più aderente al progetto originario. Gli è stato contestato per il restauro l’utilizzo di materiali che non avevano niente a che vedere con quelli impiegati dall’architettura minoica, colorandoli, ad esempio di giallo per diversificare le strutture originariamente in legno dalle altre in pietra.

Non gli può, però, essere negato il merito di aver fissato una cronologia relativa della civiltà minoica, di averla classificata in tre periodi, Antico, Medio e Tardo Minoico, ciascuno dei quali a sua volta diviso in tre fasi, e di aver stabilito corrispondenze cronologiche tra alcune di esse e alcune dinastie egiziane, raggiungendo risultati da cui non si può prescindere per fissare una cronologia assoluta.

Gli scavi di Evans e quelli successivi condotti dalla Scuola Archeologica Inglese a Cnosso hanno portato alla luce oggetti che testimoniano una civiltà capace di manufatti artistici notevolissimi, che la distinguono da quella degli altri centri. Basti pensare alla produzione vascolare in steatite e pietra, ai bronzi, alle gemme incise, alle terrecotte, agli oggetti in ceramica e in avorio conservati al museo archeologico di Heraklion.

Visitai Cnosso trent’anni fa, ad aprile, c’era poca gente e l’accesso era consentito in quasi tutti gli ambienti, compresa la Sala del Trono e il Megaron della Regina. Quattro anni fa, dopo avere assaporato per la seconda volta la grandiosità austera e silenziosa di Festos, il suo dominio sul paesaggio, devo confessarlo, Cnosso, in mezzo al vociare dei turisti che si riversavano a ondate, mi ha raccontato tutta un’altra storia, non priva, certo di fascino, ma decisamente differente.

 

 

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Maria
1 anno fa

Un passo indietro nel tempo!Grazie.