Rovescio incrociato

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Riccardo mi ha regalato il suo poster. Ha una cotta per me.

Björn nel gesto atletico che ha scardinato le regole del bel tennis, un attimo prima di liberare il suo leggendario rovescio a due mani, su un campo in terra rossa, forse il Roland Garros, non ricordo. L’ho appeso in camera mia e gli dedico l’omaggio quotidiano di una lunga carezza del mio sguardo di adolescente adorante.

Il 5 luglio del 1980 fa caldo, a Pavia, l’afa consueta di una qualsiasi giornata dell’estate padana. Fa  caldo anche a Wimbledon.

Papà ed io abbiamo predisposto ogni cosa, in salotto, ci godremo la finale lui in poltrona, io sul divano. La mamma ha terminato le sigarette, usciremo insieme a comprarle dopo l’incontro.

Ci siamo quasi, ha inizio il collegamento. Panoramica sulla folla che siede sulle tribune. Il padre e il fratello di McEnroe, Mark, insieme a Stacy Margolin; nella fila sottostante Mariana Simionescu e Lennart Bergelin.

La voce del telecronista snocciola i numeri dell’incontro imminente, e sul Centre Court, il campo centrale dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, fanno ingresso Björn Borg e John McEnroe.

Björn si è fatto crescere la barba e porta la stessa maglietta bianca a sottili righe verdi, come lo scollo, a contrasto con il colletto blu, che ha indossato sull’erba britannica nel 1976 e per i tre anni consecutivi, alle finali. Rituali da campione. John, beh, neanche lo guardo.

Borg, ha compiuto 24 anni il 6 giugno, ne ha otto più di me; Mc Enroe ne ha 21.

Il detentore del titolo, il fuoriclasse di Sodertalje, impeccabile, imperturbabile, Ice Man, contro il ragazzo riccioluto di New York, Super Brat, il super-moccioso, come lo hanno soprannominato per i suoi frequenti scatti d’ira e le proteste all’indirizzo di arbitri e pubblico.

Ci sarà da divertirsi, oggi, John McEnroe non è amato in Inghilterra, lo hanno sonoramente fischiato per le sue insopportabili  intemperanze.

E’ il giorno della resa dei conti perché in questo caldo pomeriggio di luglio si consumerà il duello tra due categorie di pensiero, eternamente rivali, nella declinazione sportiva di un’epica contemporanea, narrata ad una platea universale, a colpi di articoli giornalistici e servizi televisivi, che riproducono e amplificano le presunte opposte peculiarità degli sfidanti.

“Chi vince, papà?” Siamo insieme, noi due, come quando seguivamo Gustav Thoeni scivolare sulla neve.

La mia fede in Borg è incrollabile ma il primo set è un disastro: McEnroe lo sbaraglia in una ventina di minuti, 6-1. Paradossale. Il secondo procede equilibrato e sul 4-4 Björn salva tre palle break.

Il servizio di John è micidiale e gli fa guadagnare punti su punti, fino a quando sbaglia tre stop volley e Borg risponde di rovescio. Break e set sono suoi: 7-5.

Che caldo fa, oggi. Apriamo la porta finestra del salotto e quella della cucina. Un po’ d’aria dal terrazzo che circonda il nostro attico.

Incomincia il terzo atto. Mc perde il servizio. E’ fatta. Primi segni di cedimento. Game dopo game il match arride al mio eroe che si guadagna il 6-3. Sento la finale in tasca. Michele starà schiattando, ben gli sta!

Posso andare a preparmi un panino, adesso. “Ne vuoi uno anche tu, papà?”

Siamo al quarto. Domani ritaglierò dalle pagine sportive del quotidiano la foto di Björn che solleva la coppa del torneo; ho pensato di incollarla sul cartoncino lucido rosso dell’opuscolo pubblicitario della pellicceria Annabella. Sì, lo appenderò sul pianoforte.

Sono le cinque passate, Borg e McEnroe, su un rettangolo d’erba in un imbuto di folla. Nessuno dei due cede il servizio e sul 4-4, il primo mini-break. 5-4 per Borg ma è un attimo, Mc lo recupera. Siamo al 6-5 e al terzo match point per lo svedese. Annullato. Con una volée in allungo. Pazzesca.

Non ce la faccio a stare sul divano. Mi alzo e piazzo una sedia accanto alla poltrona di papà.

Borg, incrociato di rovescio. 7-6, quarto match-point. Mc infila Borg. Non è possibile! John si guadagna il primo set-point, ma Björn è Björn e lo annulla con una risposta da manuale. Sì, così!

Questo Tie-break è estenuante

“Mamma, dei crackers, qualcosa da mangiare, per favore!”

McEnroe annulla anche il quinto match point. Gli applausi scuotono le tribune. 34 punti in 22 minuti fino al 18-16. Il set è suo: 6(16)-7.

Il Centre Court si ribalta, Borg si soffia nella mano destra, un tic nervoso nel climax ascendente di un pomeriggio che si sta allargando fuori misura. Non l’ho mai visto così.

Quinto set. Telecamere su Mariana e Lennart. La tensione che cresce.

No, Borg perde i primi due punti al servizio. Non ci credo, è finita. Ma il campo di nuovo si inclina e in battuta lui non perderà più un punto sino al decimo gioco.

McEnroe cede, poco a poco, borbotta, si gratta la testa, e risponde incerto con una demi-volée sul rovescio di Borg che, sul 7-6, sta per varcare la soglia della sua quinta vittoria a Wimbledon.

Rovescio incrociato, 8-6, adesso è davvero finita!

Si lascia cadere in ginocchio sull’erba di quella finale interminabile, le tre ore e cinquantatre minuti che entreranno nella storia, il calvario e l’apoteosi di un campione e sono pazza di gioia perché ho vinto anch’io.

Sabato, 26 novembre 2022. Abbiamo acceso la televisione, ce ne staremo a casa, oggi pomeriggio, è un secolo che non seguiamo un incontro di tennis.

La diretta da Malaga, su Rai Due, per le semifinali della Coppa Davis, incomincerà alle 13.45.

Italia contro Canada. Sonego – Shapovalov, a seguire Musetti – Auger Aliassime e per concludere il doppio, Fognini – Bolelli contro Shapovalov – Pospisil.

Cambio di programma, sostituzione a sorpresa di Bolelli con Berrettini, che abbiamo visto tifare in tribuna.

Mac in poltrona, io sul divano.

 

 

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Mac
1 anno fa

Che partita, chi non la ricorda? Eravamo tutti ragazzi e io tifavo per Mc! Brava Maria Paola, con la penna felice ci racconti una storia.