Rammendare. Ricostruire la trama di un tessuto che si è deteriorato, allacciarne nuovamente i fili. Riprenderne la storia in mano e perpetuarla fino al prossimo strappo, fino a che un’altra storia ne occuperà il posto. Ognuno di noi nasce alla vita serbando in sé, seppure inconsapevolmente, talvolta, la raffinata arte del rammendo cui ricorre allorquando le circostanze dell’esistenza lo conducono a fare tesoro di tutte le risorse di cui è capace di disporre.
Il rammendo è una tecnica democratica e coltissima, non si improvvisa, presuppone l’esatta contezza del colore, dello spessore del filo, dell’andamento della trama. Non si può profanare un racconto composto da chi ci ha preceduto.
Quante volte abbiamo rammendato una relazione umana, partendo dagli stessi presupposti che ci avevano indotti ad intesserla, quando ci siamo accorti che si stava sfilacciando? O, al contrario, ci siamo risolti a lasciarla consumare?
Anche in questo caso, lo abbiamo fatto nel pieno rispetto della storia.
Il rammendo accostato alle trame delle storie di vita altrui, ma volendo anche della propria. Bellissima allegoria!