“Per cortesia, procedere adagio”. Adagio. Da quanto tempo non sento usare questo avverbio e ora, lungo la strada per Trevignano, lo avverto prendere posto nell’ultima coda dell’occhio, scritto su un’indicazione, in prossimità di un ingresso.
Con comodità, senza fretta, lentamente. E se si procede a proprio agio, come suggerisce il suo significato, è pur certo che lo si farà anche in nome del rispetto dell’altro.
Procedo adagio perché ci sei anche tu nel mio immediato orizzonte e io ti presto attenzione, adeguo il mio tempo al tuo. Anche nella velocità spicciola, che appiattisce il senso della quotidianità dei nostri giorni, che preferisce il più comune “piano”.
Ma “piano” è un’altra cosa, è sbrigativo, non ha il calore, la trepidazione dell’invito, della raccomandazione ad usare prudenza, a non affrettare, banalizzare un gesto, una valutazione.
“Adagio” non è “piano”, è un avverbio dai modi squisitamente umani.
Una riflessione sensibile e come sempre profonda sul valore del tempo e delle nostre azioni, soprattutto
….di quelle “quotidiane”
Grazie
Ti sto ritrovando nelle tue parole!!!! E ne sono felice!
Grazie, Flavia cara!
La profondità è l’acutezza, anche nelle parole (solo apparentemente) più semplici e di uso comune… Meraviglioso.
Grazie, Andrea caro.