Mi sono portata Federico. L’ho messo nello zaino, come ogni anno, è ormai consuetudine dal 2014, quando sono in partenza per Orvinio. Ho bisogno della ressa che mi fanno addosso le sue parole che rintoccano a vita e a morte, chiassose e funebri, primordiali e oniriche. Che parlano sempre di terra elevata a favola universale. Quella che ho dentro o che vado cercando qui, a qualche centinaio di chilometri dalla mia.
Apro a caso il “Libro de poemas”, “Il romancero gitano”, le “Canciones”, il “Poema del cante jondo”. Leggo in spagnolo, indovino Federico.
Va tutto bene.
E’ la mia età dell’oro perché non mi ci riconosco più, perché la mia poesia se ne è andata lontano.