Eccoci giunti alla terza delle puntate dedicate a Creta.
Oggi vi parlerò di spiagge e montagne dell’interno, in rapido passaggio, dal finestrino dell’automobile che corre avanti e moltiplica le mete del suo viaggio.
Siamo diretti a Elafonissi, partendo da Kissamos, in direzione di Platanos.
Tipiche strade greche che non prendono confine con il baratro, guard rail e muretti sfondati.
Siamo in montagna e non c’è nessuno. Siamo solo noi a dominare dall’alto la spiaggia di Falassarna e il mare. Il sollievo dello spazio non costruito e non distrutto. Le frane incombono sotto le nuvole. Nuvole e frane. Un cipresso, muretti a secco e cicale che sghignazzano.
Il Massiccio di Koutroulis, a 1071 metri.
Elafonissi, sulla punta occidentale del versante meridionale di Creta, affacciata sul Mar Libico, è un’isoletta che può essere raggiunta a piedi, camminando su una lingua di terra accarezzata dall’acqua e, nei giorni di alta marea, nel mare che non supera il metro di altezza.
E’ la nostra meta, la spiaggia bianca e rosa che con Balos e Vai merita assolutamente di essere visitata. Una delle più suggestive del Mediterraneo.
E’ un paradiso naturale, habitat di specie animali e vegetali rare, l’ultima tappa europea di diversi uccelli migratori e uno dei siti di riproduzione della tartaruga marina Caretta Caretta, frequentato anche dalla foca monaca. Vi crescono oltre 110 varietà vegetali, tra cui alcune endogene, e nella stagione estiva vi fioriscono gli incantevoli narcisi marini.
Era chiamata anticamente Mousagores, poiché vi sorgeva un tempio dedicato ad Apollo Musagete, Apollo guida delle Muse, secondo l’etimologia. Il nome Elafonissi, che in greco significa isola dei cervi, le venne dato dai Veneziani.
Elafonissi e noi che non ci fermiamo sotto a un ombrellone e prendiamo il nostro lungo bagno, nell’acqua azzurra azzurro fresco. Io qui, a procurarmi questo leggero, salato capogiro.
Non abbiamo il tempo di fermarci a lungo perché il nostro giro di perlustrazione ci dovrebbe spingere fino a Paleochora, ancora una volta attraverso l’interno dell’isola. La roccia, il canto assordante delle cicale e il caldo che avvertiamo più fiero.
Ci ristoriamo in un baretto all’ombra, all’inizio del lungomare, con limonate fatte in casa e baguettes farcite di feta, pomodoro e prosciutto.
Anche Paleochora si affaccia sul Mar Libico. E’una cittadina che si allunga su 11 chilometri circa di costa. Noi siamo di passaggio, non ci fermiamo che per un’unica breve sosta ma questa località ci piace subito, ci dà l’impressione di avere saputo mantenere il fascino del vecchio villaggio di pescatori. Sul molo una banda di ragazzini si cimenta in tuffi spericolati.
Riguadagniamo l’interno, si ritorna a Kissamos, il caldo punge e allo sbocco della strada nazionale, al bivio, un telo spesso e bianco si tende sul mare e bagna l’aria.
Quando lasceremo Kissamos per trasferirci a Heraklion, ripercorreremo a ritroso l’itinerario del nostro primo giorno, appena atterrati, nel cuore della notte. Ci ritroveremo, dunque, sulla strada in direzione di Rethimnon, a ricostruire le impressioni del paesaggio al nostro arrivo. L’entroterra di Vamos, la pineta, la montagna, con una vaga sensazione d’Arcadia. Sullo sfondo i Lefka Ori, all’inizio del tratto interno, che sono bianchi, davvero, come ci rivela il loro nome.
Da Kalami a Chanià ulivi e ulivi, oleandri e oleandri; da Georgioupoli a Rethimno tamerici e palme e costa bassa. Dopo Armeni – bivio per Timpaki – è un susseguirsi di cime, dai profili diversi, che occupano l’intera linea dell’orizzonte. Il vento spettina d’argento gli ulivi.
Entriamo nel pittoresco villaggio di Spili, vagamente montano – il Monte Kedros incombe con i suoi 1776 metri – con il mare nelle bouganvilles che tingono di rosso la pietra del vivace centro urbano.
Consueta orda di grassi turisti in fila, scaricati da qualche pullman poco più oltre.
Il Monte Kedros, arcigno a guardia dell’interno, porge all’Ida lo scettro dell’orizzonte ma c’è il mare in una pozza in basso e la montagna diventa già un ricordo.
Bivio per Phaistos e ti invade subito quel senso di sacro e di silenzio, lo stesso prima di arrivare al cospetto di Micene, sarà per quel tumulo, in alto, circondato dai cipressi. Avremo modo di visitare il palazzo nel corso della prossima puntata.
Proseguiamo, invece, il nostro itinerari lungo la costa settentrionale, verso l’estrema punta ad est, in direzione di Vai, la spiaggia delle cinquemila palme.
Al bivio per Mallia, sulla destra, si apre una prospettiva diversa, l’altopiano di Lassithi che ricorda una fotografia verde-grigio che parla di diecimila mulini al vento, oggi per lo più smantellati, sulla piana coltivata a ortaggi e grano.
Abbiamo fatto bene a imprimere un cambio di rotta alla nostra direzione.
E’ bello e fresco qui, è sempre lo stesso il respiro che spinge all’interno noi, in fuga dal disincanto del ritorno, come se qui ci fosse concesso di decifrare il codice genetico di questa terra, officianti di un rito misterico e viscerale, lontano come la storia.
Un rapido passaggio ad Agios Nikolaos, ed è subito un porticciolo, un viale in salita, una baia fatta di sassi di una domenica di Pasqua, sepolta sotto trent’anni e sabbia finta e ombrelloni per turisti; uno sguardo al massacro edilizio di Sitia – dov’è la collana modellata con le dita, che ha del turchese solo il colore, preziosa perché dono rubato? – e la strada che si fa solitudine e mare.
Un attimo e di fronte a noi l’abitato di Gurnià, identico a se stesso ed io sono felice e lo trattengo a lungo nel sorriso. Terra giallo acceso, ritagliata dai canyon, che fa remota la foresta delle cinquemila palme di Vai.
Siamo arrivati, è il miliario della nostra corsa attorno alla quale faremo svolta per ritornare indietro. Kato Zakros appartiene a un altro tempo.
A Vai, sulla sabbia che scivola sulla pelle, poco discosti dal lido attrezzato con discrezione, nel Mediterraneo che tinge l’acqua di cristallo, trascorriamo di verde e blu oltremare che ci portiamo sulle nostre bandane, cogliamo la tregua del viaggio, laviamo pensieri, immaginiamo che qui avremmo, forse, voluto fermarci solo un passo in più.
La nostra puntata giunge al termine. Vi do appuntamento alla prossima, tra quindici giorni!
Grazie , come sempre una narrazione fantastica!
Grazie, Laura cara!
Ti seguo sempre Paola…viaggio con le tue parole così vive che sembra di essere lì e vivere con te emozioni, profumi, colori.
E ogni puntata mi porto dentro una frase: il vento spettina d’argento gli ulivi …
Grazie
Paola cara, grazie, le tue parole mi hanno commossa❤
Salta forse agli occhi una inusuale descrizione, a mio avviso un filo troppo “pungente”, sull'”orda di turisti”. Ma credo sia una concessione per il fatto che magari risultavano (o risaltavano?) fuori contesto o addirittura molesti, non so… Ma inutile soffermarsi su questo futile dettaglio. Perché, come se fosse necessario ribadirlo, emerge l’amore per lo scoprire e riscoprire meraviglie, con abilità descrittiva fuori dal comune: periodi brevi, ma contemporaneamente “dritti”, precisi, dettagliati… Si percepisce come sempre l’amore per quei momenti di vacanza ristoratori per il corpo e soprattutto per la mente, che ne esce appagata ed arricchita. E vale anche per… Leggi il resto »
Ancora una volta, grazie, Andrea!