1983. Maturità classica.

esami

Ultime settimane di maggio. E’ il terzo anno di liceo e io sono esausta. Sono assente da una ventina di giorni, proprio adesso, agli sgoccioli, nel momento più delicato, alla vigilia degli esami di maturità. In classe si pianifica il ripasso, con le interrogazioni finali.

Io sono sdraiata sul letto, in un’intangibile lontananza. La Cecilia, l’unica che si interessi costantemente alle mie condizioni di salute, mi è venuta a trovare. “Hai gli occhi spenti”, è la sua amara conclusione, prima di prendere commiato.

E gli altri, dove sono?  Francesco, quelli del “Barrio”. Perché non spendono nemmeno una parola in mia difesa e mi lasciano qui da sola? Sono i miei amici, ma hanno preferito non replicare alle chiacchiere da quattro soldi che hanno preso corpo durante la gita ad Arezzo, Cortona e Firenze. Per l’ennesima volta fraintesa.

Smetto di mangiare e mi accartoccio.

Quando ritorno a scuola è come se nulla sia accaduto, solo un velato imbarazzo del “Barrio”, che subito scivola via, tra le consuete battute e i commenti sulla comune sorte che attende noi maturandi del Foscolo, ex convento di Santa Maria di Canepanova, ufficialmente, ex lager longobardo, secondo la nostra disinvolta interpretazione. Francesco è silenzioso.

Fuori è un giugno che soffoca e afa che dilaga implacabile sulla Pianura Padana, senza soluzione di continuità, giorno e notte.

Il 4 luglio 1983, lunedì, mattina dello scritto di Italiano, arrivo al Foscolo direttamente da Casa Matti, frazione di Romagnese, nell’Oltrepò pavese, alle pendici del Penice, a 960 metri di altitudine, dove i miei genitori hanno affittato una casa. Ho bisogno di rimettermi in sesto.

Ho dormito per tutto il viaggio, la sera ho fatto tardi con il Paradiso e un paio di poeti del ‘900. Salgo le scale; sul corridoio del primo piano del Liceo-Ginnasio “U. Foscolo” di Pavia sono sistemate le postazioni degli esaminandi.

Indosso un paio di bermuda bluette, una polo a quadrettini dello stesso colore abbinato al magenta, una John Newcombe, lo ricordo benissimo, e scarpe da vela, acquistate da Ivo, negozio storico di articoli sportivi dove abitualmente mi rifornisco, al passo del Brallo. Sono decisamente in forma, con quell’aria di vacanza appena trascorsa che indugia dorata sulla pelle, che suscita qualche sorriso malizioso negli astanti.

Prendo posto, in uno dei banchi sulla destra, che si affacciano sul cortile porticato.

Francesco si è sistemato davanti a me e continua a voltarsi, a guardarmi e sorridere, mentre mi concentro sull’elaborazione della struttura del tema che ho scelto.

“Rifletta il candidato, ricordando le sue stesse impressioni di lettura sulla nota affermazione desanctisiana che il Leopardi «Non crede al progresso e te lo fa desiderare; non crede alla libertà e te la fa amare»; che «chiama illusione l’amore, la gloria, la virtù e te ne accende in petto un desiderio inesausto».

Non mi curo del tempo, le due ore che impiego nell’impostazione si rivelano utilissime nel corso dello svolgimento. Ma che diamine sta facendo Francesco?

Sacri il silenzio, il perimetro del corridoio, rosso sotto i nostri piedi, le finestre alte e pesanti.

E’ questo il tempo, è tutto qui, adesso, in queste quattro direttrici che inscrivono i nostri capi chini e le giovani braccia nude d’estate.

Termino la prova, presto sarò a casa, a raccontare il mio tema per filo e per segno alla mamma, a lasciarmi inghiottire dal buio muto del sonno che sogno da quando ho lasciato Casa Matti, appena si è fatto giorno.

Domani sarà latino scritto. Un brano di Seneca, “I sapienti prevedono le azioni impetuose della fortuna, prima che accadono” (Ad Helviam matrem de consolatione, 5,1-4). Io no.

Traduco con un certo agio, azzardo l’interpretazione di una frase. Forse non è il contesto adatto ma così mi sembra perfetta.

Francesco aspetta una mia risposta, ho evitato di parlargli. Non so cosa dire. Papà, una settimana fa, mi ha portato in montagna una lettera indirizzata a me. E’ di Francesco.

Una dichiarazione d’amore, ti sembra mai possibile? E’ una lettera scritta da un uomo e noi non siamo che ragazzi e lui è il mio migliore amico.

Domani raggiungerò di nuovo Casa Matti, preparerò l’orale al fresco. E i giorni trascorreranno lontani da lui e da quella risposta che cambierà tutto, che mi proietterà in una differente dimensione del mio tempo o mi imporrà di rinunciare alla sua presenza. Io gli voglio così bene, mamma, è amore questo?

Dalle 15.00 alle 24.00, Rai Stereo 2, in sottofondo, con le voci di Clelia Bendandi, Myriam Fecchi e Tiberio Timperi che presentano il pop contemporaneo, i talenti emergenti, accanto a qualche grande classico, mentre ripasso filosofia e i testi integrali dell’Ecuba di Euripide, dell’orazione “Per l’invalido”, di Lisia, il III libro dell’Odissea, gli autori e le opere della letteratura greca che porterò all’esame orale come prima materia.

Un pomeriggio, a sorpresa, mi viene a trovare Francesco. Facciamo una passeggiata, lungo la strada e mi prende la mano. No, non deve accadere adesso, non ci sono abituata, non sono ancora pronta per una risposta, in mezzo a queste chiacchiere che si stanno protraendo oziose da una buona mezz’ora, nelle consuete, ironiche schermaglie con cui duelliamo dall’inizio della nostra amicizia.

Si scioglie il nodo della stringa della scarpa da ginnastica. Sono salva! Mi chino, l’allaccio stretta e nascondo le mani nelle tasche dei pantaloncini. L’attimo si è irrimediabilmente conchiuso, ritorniamo sui nostri passi e Francesco riparte per Pavia.

Ancora qualche giorno e saprò che la seconda materia orale che mi è stata assegnata sarà Italiano. Ho ancora molto da ripassare. Si accorcia il tempo. Ancora una nottata. Domani sera appuntamento in centro con il “Barrio”. Ci sarà anche Francesco.

 

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Emanuela
2 anni fa

E’ struggente, in te, la forma dei ricordi. Anni lontani racconti, eppure così vividi e animati da sembrare appena vissuti! Mi sono vista in uno dei banchi, magari tra te e Francesco, accostata alle ansie della maturità. E’ sempre una esperienza bellissima leggerti. Grazie Maria Paola!

Mac
2 anni fa

Che bel racconto Maria Paola. Le tue parole ci accompagnano con un sorriso a ricordi lontani, belli e indimenticabili. Attese, idee, strade e futuro aperti, sogni di viaggio e primi amori. Bellissimo.